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Italie Lupa capitolina La fin d un mythe

Article fait par :Claude Balmefrezol

Mis en ligne le 27/06/2013 à 22:27:32



La Lupa capitolina La fin d un mythe
English Transaltion
 

 

Non la Louve romaine exposée au Musée du Capitole de Rome et symbole de Rome n'est pas une oeuvre ni  Etrusque ni romaine Elle daterait de debut du Ie Milllenaire . Tout un monde s'écroule et il a fallu beaucoup de discussions pour présenter la chose car cette statue est le symbole même de Rome et elle a été maintes et maintes fois utilisée pour promouvoir Rome et sa puissance sous tous les régimes  qui se font succédés sur le sol de l l'URBS

L 'histoire
Cette histoire met en scène une jeune mere ses jumeaux un oncle , un couple de berger et une louve
L'oncle ayant appris que ses neveux les jumeaux  pourraient un jour revendiquer son trone decide de les abondonner dans la nature.
Jetés dans un panier à la riviere ils sont recueillis et  nourris par une louve avant d'etre elevés par un couple d'agriculteurs et une fois grands ils prennent le pouvoir à Albe et ils tuent leur oncle et remettent leur grand père sur le trone
Ensuite ils partent fonder un village sur les bords du Tibre
Si la fondation se termine mal pour la famille car un des jumeaux tue l'autre la Saga ROMA peut commercer en 753 av JC
En fait les jumeaux auraient été recueillis par un Berger nourris par son épouse une prostituée répondant au surnom de la Louve ( le charme est rompu!!!! )
Pour l'Histoire complete voir ICI


Voyons un peu l'histoire en quelques Images

 

Les Parents des Jumeaux  Rome EUR




 

Les représentations de la Louve allaitant les jumeaux

 

La Divinisation de Romulus

L'utilisation Politique de la Louve du Capitole

  Gordien III
Hadrien Marc Aurèle

 

 

Sous le Facsime Sous la Republique


 

Les JO de Rome

 

 

La pub ( internet)

La Statue et les conclusions des Scientifiques ( en italien)
 

Les procédés de Fabrication de la statue ne sont pas compatibles avec ceux de l'Antiquite mais plutot ceux du Moyen Age.En effet dans le Monde antique on ne pouvait fondre d'un  seul tenant une statue . Elle etait fondue par morceaux qui étaient ensuite soudés les uns au autres
Donc la statue daterait du Haut Moyen Age; La comparaison avec les autres oeuvres en Bronze Etrusque comme la Chimère d'Arezzo ou l'Orateur permet de lever tous les doutes à ce sujet Mais la vérité est dure à admettre pour certains
.

Et puis c'est plus facile de ne rien dire et faire croire aux milliers de touristes qui passent devant la statue tous les jours que cette oeuvre est un chef d'oeuvre  Antique


OPERA d'arte celeberrima, simbolo di Roma e rappresentazione emblematica delle sue origini leggendarie, la Lupa capitolina è da sempre considerata uno dei capolavori dell'antichità. Compare nei manuali di storia dell'arte come oggetto di produzione etrusca.
Già attribuita a Vulca, il grande scultore di Veio chiamato a Roma nel tardo VI secolo per decorare il tempio di Giove capitolino, la Lupa è stata più di recente giudicata opera di un artista veiente della generazione successiva, il quale l'avrebbe plasmata e fusa tra gli anni 480-470 avanti Cristo. È invece noto da tempo che i gemelli sono stati aggiunti nel 1471 o poco dopo quando il bronzo, donato da Sisto IV alla città di Roma, fu trasferito dal Laterano sul Campidoglio.
Ora ci viene dimostrato, con argomenti inoppugnabili, che neanche la Lupa è antica. Per caratteristiche tecniche essa si inserisce infatti coerentemente nella classe della grande scultura bronzea d'epoca medievale, mentre per qualità formali può essere attribuita ad un periodo compreso tra l'età carolingia e quella propria dell'arte romanica
.
Nel 1997 il restauro della scultura fu affidato ad Anna Maria Carruba, una storica dell'arte restauratrice che da anni si dedica alla conservazione di bronzi antichi, la quale ha svolto accurate indagini intese anche a determinare la tecnica di fusione. Ne risultò che la scultura era stata fusa a cera persa col metodo diretto effettuato in un solo getto. Questa tecnica si evolve e si raffina in età medievale al punto di consentire la fusione di grandi bronzi, anche per l'esigenza di fondere le campane senza saldature e difetti, onde ottenerne purezza di suoni.
I bronzi d'epoca antica, greci, etruschi e romani, si distinguono da quelli medievali per la fusione in parti separate, poi saldate tra loro. Secondo la tradizione Rhoikos e Theodoros, due scultori greci del VI secolo a. C., "i primi a liquefare il bronzo ed a fondere statue" nelle parole di Pausania, avrebbero trovato il modo di ottenere le fusioni più accurate. La loro innovazione può essere riconosciuta, e questo è un altro importante contributo originale di Anna Maria Carruba, non nell'invenzione della fusione, già nota da tempo per la piccola plastica, ma piuttosto nella scoperta della tecnica della saldatura di parti fuse separatamente mediante l'impiego di altro bronzo come materiale saldante, definita "brasatura forte".
La tecnica adottata dal mondo greco, poi introdotta in Etruria ed a Roma, risulta estremamente più duttile nella costruzione dei volumi e dei sottosquadri, consentendo così di raggiungere risultati di grande ardimento compositivo e superando i limiti di stabilità imposti persino dal marmo, il più nobile dei materiali lapidei. Consente inoltre di ottenere livelli di qualità finissima nel plasmare le superfici, ed assicura infine un beneficio non secondario nel ridurre i rischi di fallimento durante i processi di fusione.
La tecnica medievale di fusione in un solo getto comporta invece l'adozione di forme ben più rigide, meno libere nello spazio, ma con indubbi vantaggi sotto il profilo funzionale, com'è nel caso delle campane; solamente nel Rinascimento si sarebbero raggiunti con l'impiego di questa tecnica, ed è celebre l'esempio del Perseo di Cellini, risultati per qualità paragonabili a quelli che in antico erano stati ottenuti con la fusione in parti separate.
La Lupa capitolina ha occupato una strana posizione nella storia dell'arte. Se si escludono alcuni studiosi dimenticati del XIX secolo, i quali ne avevano intuito l'origine medievale senza tuttavia dimostrarla, il contributo critico che oggi possiamo considerare il più importante tra quelli del Novecento è senz'altro dovuto ad Emanuel Ltwy, che basandosi solamente sull'analisi dei caratteri formali già nel 1934 escludeva la possibilità di attribuire la scultura alla produzione artistica etrusco-italica.
La critica si è però prevalentemente orientata, dapprima con qualche riluttanza e poi più decisamente, verso una sua collocazione nel mondo antico, individuandone la provenienza di volta in volta in ambienti della Magna Grecia, di Roma, dell'Etruria. Nella prima metà del Novecento con Giulio Quirino Giglioli, in un clima di entusiasmo per la scoperta dell'Apollo di Veio e di rampante nazionalismo, la Lupa "minacciosamente pronta a tutelare il popolo che la venerava" fu considerata opera di Vulca.
Maggior consenso è stato riscosso da Friedrich Matz (1951), il quale ha attribuito la scultura al decennio 480-470 avanti Cristo. Questa datazione perdura stranamente anche dopo l'acquisizione dei nuovi dati. Nel 2000, in occasione della sua presentazione dopo il restauro, la Lupa capitolina veniva ancora dichiarata senza alcuna esitazione, nella pubblicazione curata dai Musei Capitolini, il prodotto di una officina veiente degli anni 480-470. E quanto mai singolare che nel caso di un'opera di così ardua e sofferta classificazione siano rimaste inascoltate le indicazioni provenienti dalle indagini sulla tecnica di fusione eseguite durante il restauro.

Anna Maria Carruba ha sottratto un capolavoro all'arte etrusca, restituendolo a quella medievale. Se fosse necessaria una conferma di questo risultato del suo lavoro basterebbe osservare come la storia dell'arte etrusco-italica non risenta in alcun modo della perdita: la Lupa, in quel contesto, ha costituito sempre una presenza "extra ordinem", irrazionale, estranea a qualunque forma di storicizzazione. Non a caso, infatti, a differenza di altri grandi bronzi quali la Chimera e l'Arringatore, essa ha attratto assai poco l'attenzione di coloro che negli anni recenti più si sono dedicati allo studio dell'arte etrusca. D'altra parte, la nuova datazione lascia intravedere ampie prospettive di studio.

Sono ad esempio già più facilmente comprensibili alcuni rapporti di stile quali l'innesto di forme proprie della scultura sassanide del VII-VIII secolo nell'arte romanica.

(L'autore, ex sovrintendente ai Beni archeologici di Roma, è professore di Etruscologia all'università "la Sapienza")

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